Doping: la maschera davanti all’uomo
Doping.Questa parola, purtroppo, accompagna spesso grandi imprese compiute nel mondo del ciclismo.
Nel mondo amatoriale, e non solo nel professionismo, il doping è troppo spesso protagonista tant’è che ad oggi osservando i campioni che eseguono prestazioni eccellenti viene spontaneo sospettare che vi sia di mezzo un “aiuto esterno”.
D’altronde come biasimare questa diffidenza, i dubbi e i sospetti dal momento in cui ogni anno si scopre un nuovo imbroglio, l’ennesimo campione dopato!
È comprensibile che i tifosi si sentano presi in giro, la delusione prende il sopravvento: è tutta finzione! Ormai è diventata una gara a chi si dopa meglio, questo è diventato per molti il ciclismo.
DOPING: UNA SCORCIATOIA, UNA MASCHERA
Lo sport è fatica, impegno e sacrifico.
Lo sport estremo è mosso dalla ricerca del proprio limite, senza chiedere aiuti esterni: è il desiderio di arrivare in vetta con le sole proprie forze fisiche e mentali.
Il doping segue, evidentemente, una logica differente.
La scelta individuale di fare ricorso al doping è mossa, spesso, dal bisogno profondo di colmare una mancanza o di soddisfare un bisogno (di approvazione, di realizzazione personale…) ma è solo un’illusione!
Il ricorso al doping può derivare dal tentativo di trovare una scorciatoia per ridurre la fatica, per colmare le proprie carenze, ma soprattutto per ottenere la vittoria ad ogni costo.
Alla base, spesso, c’è una profonda mancanza di auto efficacia ed un atteggiamento di sfiducia nelle proprie capacità piuttosto che l’incapacità di gestire le pressioni esterne di persone a cui importa solo del risultato.
“Esagerare la propria forza vuol dire tradire la propria debolezza.” disse il giornalista E. De Girardin, frase questa che introduce una possibile interpretazione dei motivi che stanno all’origine del ricorso al doping da parte degli atleti.
Dal punto di vista psicologico, infatti, la motivazione individuale a fare uso di doping potrebbe essere correlata al desiderio di compensare una fragilità interiore che si manifesta nell’esigenza di eccellere nella prestazione.
Il doping è una maschera dietro al quale si celano emozioni inespresse di cui solo l’atleta (e a volte nemmeno lui) è consapevole.
UNA SANA E POTENTE ALTERNATIVA: IL “DOPING ECOLOGICO”
Omar Beltran (preparatore e motivatore) nel suo libro illustra agli atleti un’alternativa certamente più sana per migliorare l’espressione di sé nella performance.
Nel suo libro questo autore parla di “Doping ecologico” riferendosi agli effetti derivanti dalla pratica quotidiana del Mental training come parte integrante della preparazione dell’atleta.
O. Beltran definisce il Mental training un aiuto “ecologico” sottolineando come questo intervento faccia leva su potenzialità interiori già possedute dall’atleta, potenzialità di cui tuttavia spesso gli sportivi non sono consapevoli.
Il Mental training permette allora all’atleta di accedere alle proprie risorse interiori attraverso un allenamento del proprio atteggiamento mentale.
Per quanto l’allenamento mentale sia guidato da un professionista esterno (lo psicologo), le abilità inespresse si trovano già dentro la mente dell’atleta, aspettano soltanto di essere “addestrate” ad agire nel modo più funzionale possibile.
PERCHÈ SCEGLIERE UN “DOPING ECOLOGICO”?
Il doping maschera le proprie difficoltà, paure ed insicurezze e paradossalmente non fa altro che fomentarle, ingigantirle e contribuisce a renderle un’eterna persecuzione per l’atleta.
Al di là dei rischi fisici ed effetti collaterali prodotti dal ricorso ad “aiuti chimici”, inoltre, il doping da all’atleta solo l’illusione di sviluppare una forza maggiore, funge in quest’ottica come un palliativo per la propria scarsa auto efficacia.
Dietro alla scelta individuale di ricorrere al doping c’è invece un gran bisogno di imparare a gestire le pressioni, di sviluppare auto efficacia e affrontare le proprie paure; tutto questo non si ottiene con il doping, si ottiene con il Mental training.
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Dott.ssa Claudia Maffi (psicologa dello sport)