Troppa tensione e poca lucidita’: l’eccessiva attivazione che nuoce alla performance
Le ricerche in psicologia dello sport hanno evidenziato l’esistenza di uno stretto rapporto fra l’attivazione psico-fisiologica e la riuscita di una buona prestazione.
Per “ATTIVAZIONE” mi riferisco a tutti quei cambiamenti psico-fisici attraverso i quali il corpo dell’atleta si prepara all’azione.
ATTIVAZIONE è “quella condizione di energia e prontezza che ci rende capaci di rispondere efficacemente agli stimoli esterni o interni.” (Terreni e Occhini, 1997).
Guai se l’atleta, prima di una gara, non fosse ATTIVATO!
Tuttavia, TROPPA ATTIVAZIONE risulta altrettanto controproducente della poca attivazione.
Yerkes e Dodson (1908), a tal proposito, rappresentarono la relazione esistente tra livello di attivazione e qualità della prestazione attraverso un modello a “U” capovolta.
Secondo questo modello:
- Si parla di Scarsa attivazione quando l’atleta nel pre-gara sperimenta sensazioni di stanchezza, noia, pigrizia o disinteresse nei confronti della prestazione.
Tale condizione comporta una conseguente mobilitazione insufficiente delle energie con il rischio di produrre una performance poco soddisfacente.
- Si definisce “Troppa attivazione” la condizione che, in ambito sportivo, è meglio conosciuta come ansia pre-gara, ovvero caratterizzata da tensione eccessiva, tachicardia, tremori, sudorazione, mal di pancia ed altri sintomi sgradevoli.
Questa condizione comporta un eccessivo dispendio energetico nocivo alla buona espressione di sé nella performance.
- L’attivazione ottimale si colloca su questa curva ad un livello intermedio ed è la condizione auspicata da tutti i bikers nei momenti che precedono lo start.
DA COSA DIPENDE QUESTO LIVELLO DI ATTIVAZIONE E COME SI MODIFICA?
Il livello di attivazione ottimale non è un fattore indipendente dalla volontà dell’atleta, anzi tutt’altro.
Sono proprio i pensieri dell’atleta, il suo dialogo interno, le aspettative e la percezione di autoefficacia ad influire sull’innalzamento o scarso livello di attivazione raggiunto dai corridori.
Di questi meccanismi ne sa forse qualcosa il ciclocrossista Mathieu Van Der Poel, che nonostante arrivasse da un periodo di forma e numerose vittorie, domenica scorsa a Valkenburg, ha mancato l’appuntamento più importante della stagione che ha assegnato invece il titolo mondiale a Wout Van Aert.
Nonostante fosse il favorito per la vittoria, fin dal secondo giro Van Der Poel ha lasciato trasparire poca lucidità e tensione nella sua gestione di gara.
Forse la paura di mancare il titolo mondiale è stata più forte della paura di vincerlo?
Quel che è certo è che l’approccio mentale dell’atleta che si avvicina ad una gara è influenzato di momento in momento dal proprio mondo interiore ed è proprio questo approccio mentale il responsabile, talvolta, di eccessiva tensione, poca concentrazione e scarsa lucidità.
Ciò significa che imparando a gestire e controllare queste “abilità mentali” è possibile prevenire l’ansia e raggiungere un adeguato livello di attivazione funzionale alla performance.
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Dott.ssa Claudia Maffi (psicologa dello sport)